Oltre ai luoghi nei quali la caccia è vietata a causa della distanze da rispettare da immobili e vie di comunicazione, come abbiamo già visto nella puntata dedicata a questo argomento, la normativa individua le zone interdette all’attività venatoria, che sono:
– parchi nazionali e regionali
– riserve naturali statali e regionali
– zone umide italiane della lista di Ramsar
– parchi pubblici e privati
– oasi di protezione destinate a rifugio, riproduzione e sosta della fauna selvatica
– zone di ripopolamento e cattura destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale per ripopolamenti e irradiamento nelle zone limitrofe
– centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale
– zone addestramento cani senza sparo
– giardini, parchi pubblici e privati, parchi storici ed archeologici, terreni adibiti ad attività sportive
– fondi chiusi.
Sebbene la legge stabilisca che il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione debba essere destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, tali percentuali sono costantemente superate dalla sommatoria di tutte le superfici interdette alla caccia sopra elencate.
a cura di Danilo Bordoni